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PORTAMI AL CONFINE
Marco Rovelli & l'Innominabile
Portami al confine, quarto album solista di Marco Rovelli, è un album elettrico, diversamente da Tutto inizia sempre, che era prevalentemente acustico, “cameristico”. C’è sempre il violoncello di Lara Vecoli con le sue ariose e profonde tessiture, le varie e sempre geniali stanze sonore di Rocco Marchi (ex Mariposa), che però aggiunge anche un basso poderoso, e in più le architetture spaziotemporali della chitarra drone di Paolo Monti (The Star Pillow) che dissemina svariati spettri sonici che aprono mondi, e la batteria avantjazz di Massimiliano Furia (tra le altre cose in duo con Stefano Battaglia), con la sua incredibile presenza ritmica, che fa parlare i suoi strumenti percussivi, riuscendo a dare un nome e un volto a ogni sequenza ritmica. Ne viene fuori un sound potente, che dà una trama unica a canzoni che hanno strutture spesso diverse, come del resto nel disco precedente. Il tema del disco è il confine, che è il concetto fondamentale del nostro mondo. I confini da superare, sempre: quelle dei migranti, quelli di chi pensa che Nostra patria è il mondo intero, ma anche i confini che superiamo ogni volta quando ci avviciniamo l’uno con l’altro, a partire dalle relazioni d’amore. E questa è una continuità con Bella una serpe con le spoglie d’oro, finalista al premio Tenco 2018: anche in questo album che viene ci sono molte canzoni d’amore. E medesimo è l’editore, Squilibri. Chiude il disco la cover di La giacca, una delle canzoni più potenti di Claudio Lolli, il quale contribuì con la sua voce – incisione che è stata purtroppo la sua ultima. La copertina è di uno degli artisti concettuali più importanti della scena contemporanea, Alfredo Jaar, il quale ha concesso la sua opera dedicata a Beckett “I can’t go on, I’ll go on”, mentre la controcopertina, che ha lo stesso titolo del disco, è dell’artista Valerio Rocco Orlando. *** “Collaboro da qualche tempo con Marco Rovelli, performer versatile e strepitoso talento di cantante e ricercatore del repertorio di canti tradizionali della Toscana, che ha avuto come interpreti l'indimenticabile Dodi Moscati ma, soprattutto, la grandissima Caterina Bueno. Marco, di Caterina, è il legittimo erede, per la sua capacità di interprete ma anche per essersi assunto il compito di dare futuro ad uno dei più preziosi tesori della nostra cultura nazionale.” - Moni Ovadia.BELLA UNA SERPE CON LE SPOGLIE D'ORO - OMAGGIO A CATERINA BUENO: finalista targa Tenco 2018, Best 20 cd world e folk per Il Giornale della Musica, Best 3 per Marco Ranaldi in Alias/Il Manifesto.
Un disco affascinante, come sono affascinanti le storie raccontate in queste canzoni popolari raccolte dalla Bueno, che ci riportano ad un tempo e ad un mondo molto lontano, ma forse ancora presente. Ma soprattutto è una splendida prova da interprete di Rovelli, che sembra immedesimarsi perfettamente nei panni della grande cantante toscana, diventandone a questo punto il legittimo erede.
(Giorgio Zito, Storia della musica)
Una bravura che non è mai esibizione virtuosistica dei pur superbi mezzi vocali che la natura e la pratica gli hanno offerto in dono, una temerarietà che non è mai tracotanza ma profondo, intimo, rispetto e vicinanza per le vicende narrate, un coraggio che è il coraggio di chi mentre canta trae nutrimento sia dalla radicale voglia di cambiare questo mondo sia dalla consapevolezza della caducità dell’esser uomini e donne di questo mondo. [….]. Rovelli ci si è accostato come soleva fare Michelangelo a fronte di un blocco di marmo di Carrara, con l’arte del levare, scalpellata dopo scalpellata, fino a liberare quel che la pietra imprigionava: discrezione, delicatezza, misura.
(Maurizio Brotini, Left)
Un bellissimo omaggio, che rende onore con grande umiltà alla potenza lirica dei testi e alla meraviglia della melodia di questi brani (di varia provenienza e autore: si va dagli stornelli mugellani a “Sante Caserio”). Rovelli canta con intensità, a voce piena, ma con quel giusto distacco “epico” (che era già della Bueno) che eleva questi materiali ben sopra le contingenze della loro composizione e della loro toscanità, facendone un qualcosa di più profondo, di universale. Sottrae più che sommare
(Jacopo Tomatis, Giornale della Musica)
Marco Rovelli ha una voce che arriva lontano senza sforzo e lo sa chi ricorda il suo gruppo di qualche anno orsono, Les Anarchistes. Poi ci mette un sacco di passione. Pure qui senza sforzo. Avrebbe potuto rifare pezzi come Maremma o Sante Caserio o Il Maschio Di Volterra per sola voce e chitarra acustica, persino per sola voce, e sarebbero stati ineccepibili. Invece lavora (bene) anche sui suoni. Aggiunge qua e là la fisarmonica, e questo si poteva immaginare, ma altrove inserisce chitarre elettriche e synth e si inventa un alt-folk dai toni vividi che nel Lamento Del Carbonaro, ad esempio, lascia i boschi della montagna toscana per trovare una sinistra sintonia con i disperati del sud degli Stati Uniti raccontati dai 16 Horsepower o dai Vandaveer. Non è un modo di attualizzare storie e strofe, semmai di renderle senza tempo.
(Antonio Vivaldi, Tomtomrock)
Rovelli riesce a far di nuovo vibrare stornelli, canti del Maggio, serenate, canzoni di lavoro e di lotta sempre più a rischio estinzione.
(Piercarlo Poggio, Blow up)
Un taglio vocale molto personale, concentrato e intenso, avvalendosi dei delicati arrangiamenti di Rocco Marchi. Un modo per ricordare Caterina Raccattacanzoni, personaggio dalla voce inconfondibile che ha segnato una stagione importante della canzone popolare italiana, annodando i fili di una memoria che stava velocemente scomparendo (come racconta lo scritto di Maurizio Agamennone, compreso nel booklet, con ricco corredo fotografico). Un modo suadente per ridare smalto e forza a quei canti d’amore (che sono tema dominante del folk toscano perché cantarli è riscatto dalla fatica del lavoro), canti del Maggio, canti operai e d’anarchia che celebrano sovversivi come Sante Caserio, Il Maschio di Volterra, Storia di Rodolfo Foscati.
(Flaviano De Luca, Il Manifesto)
xxxxxIL ROMANZO "LA GUERRIERA DAGLI OCCHI VERDI".RECENSIONE DI ROBERTO SAVIANO:Il 12 settembre 2014, in un villaggio vicino a Makhmour nel nord dell'Iraq Avesta Harun viene uccisa da un proiettile che le attraversa il collo, sparato da un miliziano di Daesh. I suoi compagni la trasportano d'urgenza all'ospedale di Erbil, capitale del Kurdistan, ma Avesta muore durante il tragitto. I suoi occhi verdi non si aprono più.
La ragazza - che ha solo 24 anni - si chiama Filiz. Avesta è il nome della guerriera partigiana, un nome di battaglia derivato dai testi zoroastriani, la religione originaria del Kurdistan, praticata liberamente fino alla conquista turca e alla conseguente conversione forzata all'Islam. Filiz è una giovane come tante, ma la parte di mondo in cui vive non è altrettanto comune. Avesta è la donna-comandante che Filiz diventa dopo la tragica morte del fratello. Filiz è nata in Kurdistan, è cresciuta in un campo di battaglia perenne, in quanto curda e in quanto donna. Avesta è una guerriera giovane ma capace, che riesce a emanciparsi da una società patriarcale e non paga si trova ad affrontare un nemico storico del suo Popolo, la Turchia, ma allo stesso tempo un antagonista nuovo, diverso e condiviso con l'Occidente: lo Stato Islamico. "La guerriera dagli occhi verdi" è la storia di Filiz e di Avesta, il racconto della breve vita di una donna e della immortale lotta per la difesa degli ideali di libertà e indipendenza. Marco Rovelli riesce a dare voce a entrambe in un lavoro necessario di narrazione biografica, calibrando racconti personali e fatti storici, in equilibrio perfetto tra la le vicende di Filiz e le sciagure del suo popolo, incarnate dalla scelta di diventare Avesta. L'emancipazione da una società patriarcale fa da specchio alla lotta per l'indipendenza curda. Rovelli è musicista, scrittore, poeta e studioso capace di sviscerare i fatti per rendere un affresco fedele al suo tempo, ma anche e soprattutto capace di trascenderlo, di superarlo. E quando la realtà si trasforma in letteratura, quando la vicenda di una donna diventa materia per un romanzo, la sua storia e la sua lotta si fissano indelebili nella nostra attualità, anche se i giornali non ne parlano più, anche se le televisioni trasmettono altri, anche se dei curdi sentiremo parlare solo quando il PKK rivendicherà nuovi attentati. Rovelli ha dato voce a una storia e così facendo l'ha destinata a diventare parte della Storia. Questo è lo straordinario potere della "non-fiction novel" il cui fine non è solo letterario ma anche e soprattutto sociale.
L'ALBUM "TUTTO INIZIA SEMPRE" SI PUÒ ORDINARE NELLA SEZIONE "CONTATTI" DI QUESTO SITOAlbum candidato alla targa Tenco e invitato al premio Ciampi. “Questa è poesia in musica” (Pippo Delbono). “Intenso e prezioso l’ultimo disco del musicista-scrittore che canta Storia e storie L’album contiene canzoni belle e luminose, elettro-acustiche, dove il rock si mescola a suoni dall’incedere lirico, cadenzati dal violoncello di Lara Vecoli e dalla chitarra di Paolo Capodacqua. Una tessitura limpida, apparentemente semplice impreziosita dagli arrangiamenti del polistrumentista Rocco Marchi. E’ un disco profondamente d’amore. A tratti la voce di Rovelli ricorda quella di Herbert Pagani o di Billy Bragg, forte e suggestiva com’è, spesso la tensione civile rimanda a quella dei Dischi del Sole, alla grande stagione della canzone popolare, del folk come atto necessario per riprendersi le radici e far funzionare le ali” (Daniela Amenta, l'Unità). “Tutto iniza sempre risulta il suo disco più riuscito, compresi i due con il gruppo Les Anarchistes – del quale era frontman e fulcro: nelle musiche, che spesso sposano avvolgenti trame di scuola folk, energia filo-rock, atmosfere intensissime e arrangiamenti mai tanto (ac)curati, e in testi di notevole spessore poetico che al di là dei temi affrontati rimarcano il dovere morale di guardare e volare alto. Una canzone d'autore decisamente ricercata che sembra voler rimandare a epoche passate, ma che in definitiva è meno austera e più vivace di quanto potrebbe apparire di primo acchito, percasa da un'enfasi interpretativa che qua e là sconfina, senza peraltro suonare forzata, in una sorta di melodramma alla Léo Ferré” (Federico Guglielmi, Blow Up). Coraggioso, poetico, etico. “Tutto inizia sempre” cattura nella cura dei particolari, induce riflessioni, culla nei suoni. Musica “cameristica”, tessuti folk, alcune sfuriate rock, musette, sapori italo-francesi (tra Claudio Lolli e Leo Ferrè). Disco politico? Per forza di cose, ma attenzione: niente a che fare con la forma-canzone propagandistica. Non ci sono slogan nè invettive. Piuttosto, il ragionare profondo, il sapere ascoltare e poi farne una forma di audacia propria. Voto: 9 (Massimo Pirotta, Vorrei) "Rovelli veste le sue idee fatte canzone con un'attenzione devota, verrebbe da definirlo un vero e proprio atto d'amore nei confronti del suono, come già avveniva quando militava nei Les Anarchistes. Il ponte che lo porta dalla tradizione del cantautorato di protesta è tutt'altro che pericolante, perché nel tragitto Rovelli incontra il rock elettrico, l'acustico "da camera" con un respiro classico-sinfonico, il folk in tutte le sue evoluzioni. Per cantare cose grandi e necessarie, cose che oggi i cantautori non fanno più" (Fulvio Paloscia, La Repubblica) “Canzone d’autore declinata in mille possibilità sonore, una coralità complessa che spiazza. Forse Tutto inizia sempre è l’opera più compiutamente matura e articolata del percorso artistico di Marco Rovelli. Senza dubbio è qualcosa che non può essere ignorato”. (Giorgio Olmoti, L'isola che non c'era)
Formazione Rocco Marchi – chitarre, piano, synth Paolo Capodacqua - chitarra Lara Vecoli - violoncello
******** MARCO ROVELLI (Massa, 11 giugno 1969) è uno scrittore e musicista italiano. Insegna storia e filosofia nelle scuole secondarie. BIOGRAFIA
Come scrittore, oltre che per il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, Rovelli è giunto alla notorietà nel 2006, con il libro Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Nel 2012 ha pubblicato Il contro in testa e il romanzo La parte del fuoco. Nel 2013, La meravigliosa vita di Jovica Jovic, scritto con Moni Ovadia. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Ha fatto parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli.
Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash (formazione musicale attiva nella seconda metà degli anni novanta sulla scena musicale toscana, che aveva pubblicato un unico cd autoprodotto, dal titolo GraviDanze Lievi), l'affermazione di Marco Rovelli come cantante è legata alla vicenda musicale dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio. Oltre che come cantante, la figura di Marco Rovelli si afferma all'interno del gruppo (che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana) anche come autore delle canzoni. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. Nel 2012 ha partecipato al Nuovo Canzoniere Italiano nell'occasione del suo cinquantesimo anniversario.
In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone. Insegna storia e filosofia nelle scuole superiori secondarie.
BIBLIOGRAFIA
Corpo esposto, Memoranda, 2004.
Lager italiani, Bur, 2006.
Sacrifices, Stampa Alternativa, 2007; prefazione, cura e traduzione del testo di Georges Bataille.
[a cura di, con Giulio Milani] I persecutori, Transeuropa, 2007 (antologia di narratori).
Lavorare uccide, Bur, 2008.
Con il nome di mio figlio. Dialoghi con Haidi Giuliani, Transeuropa, 2009.
Servi, Feltrinelli, 2009.
L'inappartenenza, Transeuropa, 2009.
Il contro in testa, Laterza, 2012.
La parte del fuoco, Barbès, 2012.
La meravigliosa vita di Jovica Jovic, Feltrinelli, 2013 [con Moni Ovadia].
Eravamo come voi, Laterza, 2015.
Cirque de la solitude, Papero editore, 2016.
La guerriera dagli occhi verdi, Giunti, 2016.
Il tempo delle ciliegie, Eleuthera, 2018.
Cirque, Arcipelago Itaca, 2018.
[tratto da Wikipedia]
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