Marco Rovelli

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Titolo: Tutto inizia sempre
Anno: 2015


 Album candidato alla targa Tenco e invitato al premio Ciampi. Trasmesso su Rainews e RadioRai 3 (Fahrenheit). Doppia menzione nelle Top five 2015 di Alias/ilmanifesto. “Non capita spesso di incontrare un artista come Rovelli. I suoi spartiti sono ricerca di sonorità nell’archivio delle note antiche e del presente, vedi ad esempio Serenata e L’amore al tempo della rivolta. Brani plasmati su atmosfere rock, passaggi sinfonici, marcature di violino e violoncello. Il tema dell’amore e dell’utopia veste abiti perfetti su una passerella di cui Marco e la sua voce intensa continueranno ad essere protagonisti a parte e di parte” (Luciano Del Sette, Alias). “Intenso e prezioso l’ultimo disco del musicista-scrittore che canta Storia e storie L’album contiene canzoni belle e luminose, elettro-acustiche, dove il rock si mescola a suoni dall’incedere lirico, cadenzati dal violoncello di Lara Vecoli e dalla chitarra di Paolo Capodacqua. Una tessitura limpida, apparentemente semplice impreziosita dagli arrangiamenti del polistrumentista Rocco Marchi. E’ un disco profondamente d’amore. A tratti la voce di Rovelli ricorda quella di Herbert Pagani o di Billy Bragg, forte e suggestiva com’è, spesso la tensione civile rimanda a quella dei Dischi del Sole, alla grande stagione della canzone popolare, del folk come atto necessario per riprendersi le radici e far funzionare le ali” (Daniela Amenta, l'Unità). Tutto inizia sempre risulta il suo disco più riuscito, compresi i due con il gruppo Les Anarchistes – del quale era frontman e fulcro: nelle musiche, che spesso sposano avvolgenti trame di scuola folk, energia filo-rock, atmosfere intensissime e arrangiamenti mai tanto (ac)curati, e in testi di notevole spessore poetico che al di là dei temi affrontati rimarcano il dovere morale di guardare e volare alto. Una canzone d'autore decisamente ricercata che sembra voler rimandare a epoche passate, ma che in definitiva è meno austera e più vivace di quanto potrebbe apparire di primo acchito, percasa da un'enfasi interpretativa che qua e là sconfina, senza peraltro suonare forzata, in una sorta di melodramma alla Léo Ferré” (Federico Guglielmi, Blow Up). “Coraggioso, poetico, etico. “Tutto inizia sempre” cattura nella cura dei particolari, induce riflessioni, culla nei suoni. Musica “cameristica”, tessuti folk, alcune sfuriate rock, musette, sapori italo-francesi (tra Claudio Lolli e Leo Ferrè). Disco politico? Per forza di cose, ma attenzione: niente a che fare con la forma-canzone propagandistica. Non ci sono slogan nè invettive. Piuttosto, il ragionare profondo, il sapere ascoltare e poi farne una forma di audacia propria”.  Voto: 9 (Massimo Pirotta, Vorrei) "Rovelli veste le sue idee fatte canzone con un'attenzione devota, verrebbe da definirlo un vero e proprio atto d'amore nei confronti del suono, come già avveniva quando militava nei Les Anarchistes. Il ponte che lo porta dalla tradizione del cantautorato di protesta è tutt'altro che pericolante, perché nel tragitto Rovelli incontra il rock elettrico, l'acustico "da camera" con un respiro classico-sinfonico, il folk in tutte le sue evoluzioni. Per cantare cose grandi e necessarie, cose che oggi i cantautori non fanno più" (Fulvio Paloscia, La Repubblica) “Canzone d’autore declinata in mille possibilità sonore, una coralità complessa che spiazza. Forse Tutto inizia sempre è l’opera più compiutamente matura e articolata del percorso artistico di Marco Rovelli. Senza dubbio è qualcosa che non può essere ignorato”. (Giorgio Olmoti, L'isola che non c'era). “Vale la pena notare la sempre più definita personalità di Marco Rovelli, la sua capacità di sagomare una nuova canzone popolare italiana: poetica, politica, appassionata e arrabbiata. (Giacomo Este, Tomtomrock). “Incontrare Marco è stato un piacere, ascoltare le sue canzoni, in un paese un po' meno malandato, sarebbe un dovere (e anche piacevolissimo) per chi, per mestiere, racconta storie di musica....” (Fausto Pellegrini, vicedirettore Rainews)

Questa è poesia in musica” (Pippo Delbono).

...performer versatile e strepitoso talento di cantante e ricercatore...” (Moni Ovadia)

 

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