Marco Rovelli

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27/02/2018

recensione a Bella una serpe con le spoglie d'oro di Giorgio Zito su Storia della musica

(Www.storiadellamusica.it)

Caterina Bueno è stata probabilmente la più importante ricercatrice e interprete della tradizione popolare toscana, nonché una delle protagoniste della riscoperta della canzone popolare italiana. Con la sua voce inconfondibile, ha ridato vita a secoli di canti popolari, tramandandoli alle nuove generazioni. Marco Rovelli, cantautore, scrittore e musicista, già componente de Les Anarchistes, ha avuto la fortuna di e collaborare con Caterina Bueno, e a lei ha dedicato un intero spettacolo di teatro-canzone, La leggera, per far conoscere a sua volta non solo quel grande patrimonio artistico, ma anche la vicenda umana e artistica di quella che è stata definita la voce della Toscana.

Da quello spettacolo (il cui testo e riportato integralmente nel libretto allegato al disco) nasce questo lavoro, vera e propria summa del repertorio della Bueno, che in ventun brani ripercorre i momenti salienti di un canzoniere straordinario. Quello di Rovelli è un atto d’amore per la Bueno e per il mondo che aveva riportato alla luce con le sue ricerche sul campo, realizzato con misura e rispetto della tradizione e dell’impostazione data da Caterina Bueno a questi brani, ma ricontestualizzandone la musica all’oggi. Così, accanto a chitarra acustica, fisarmonica, piano e violoncello, capita di trovare il synth nella title track “Bella una serpe con le spoglie d’oro”, pianet, portasound e un tubo armonico in “Mamma non mi manda’ fori la serala diamonica in quella “E cinquecento catenelle d’oro” che Francesco De Gregori citerà nel suo omaggio alla cantante toscana, “Caterina”, nell’album “Titanic”, e una chitarra elettrica slide in quello splendido racconto della vita di fatica dei carbonari che è “Lamento del carbonaro”. Un canto di fatica e di lavoro, a cui si contrappone la famosissima “La leggera”, qui accompagnata dalla fisarmonica, glockenspiel e percussioni. Un classico, così come sono ormai patrimonio comune canzoni quali “Maremma”, qui cantata con delicatezza, e gli “Stornelli mugellani”.

 

Tra canti di lavoro e canti d’amore, non mancano anche altri temi classici della canzone popolare, che si ritrovano anche in altre aree geografiche italiane, quali i canti del maggio e le canzoni di galera. Tra queste ultime qui troviamo una elettrica e scarna “Storia di Rodolfo Foscati”, una toccante “Il maschio di Volterra”, dove Rovelli è accompagnato solo da violoncello e fisarmonica, e Battanl’otto”, che anticipa anche un altro tema, quello dell’impegno politico, del desiderio di riscatto e di rivoluzione, centrale nei tre canti dedicati all’anarchia con cui si chiude il disco: una versione per sola voce di “Entra la corte”, e due e veri e propri inni dell’anarchia, “Sante Caserio”, che Rovelli riporta all’oggi dandone una versione rock elettrica, e gli “Stornelli d’esilio.

Il risultato di questo lavoro (grazie anche agli arrangiamenti di Rocco Marchi) è un disco affascinante, come sono affascinanti le storie raccontate in queste canzoni popolari raccolte dalla Bueno, che ci riportano ad un tempo e ad un mondo molto lontano, ma forse ancora presente. Ma soprattutto è una splendida prova da interprete di Rovelli, che sembra immedesimarsi perfettamente nei panni della grande cantante toscana, diventandone a questo punto il legittimo erede.   

 

(Www.storiadellamusica.it)

Caterina Bueno è stata probabilmente la più importante ricercatrice e interprete della tradizione popolare toscana, nonché una delle protagoniste della riscoperta della canzone popolare italiana. Con la sua voce inconfondibile, ha ridato vita a secoli di canti popolari, tramandandoli alle nuove generazioni. Marco Rovelli, cantautore, scrittore e musicista, già componente de Les Anarchistes, ha avuto la fortuna di e collaborare con Caterina Bueno, e a lei ha dedicato un intero spettacolo di teatro-canzone, La leggera, per far conoscere a sua volta non solo quel grande patrimonio artistico, ma anche la vicenda umana e artistica di quella che è stata definita la voce della Toscana.

Da quello spettacolo (il cui testo e riportato integralmente nel libretto allegato al disco) nasce questo lavoro, vera e propria summa del repertorio della Bueno, che in ventun brani ripercorre i momenti salienti di un canzoniere straordinario. Quello di Rovelli è un atto d’amore per la Bueno e per il mondo che aveva riportato alla luce con le sue ricerche sul campo, realizzato con misura e rispetto della tradizione e dell’impostazione data da Caterina Bueno a questi brani, ma ricontestualizzandone la musica all’oggi. Così, accanto a chitarra acustica, fisarmonica, piano e violoncello, capita di trovare il synth nella title track “Bella una serpe con le spoglie d’oro”, pianet, portasound e un tubo armonico in “Mamma non mi manda’ fori la serala diamonica in quella “E cinquecento catenelle d’oro” che Francesco De Gregori citerà nel suo omaggio alla cantante toscana, “Caterina”, nell’album “Titanic”, e una chitarra elettrica slide in quello splendido racconto della vita di fatica dei carbonari che è “Lamento del carbonaro”. Un canto di fatica e di lavoro, a cui si contrappone la famosissima “La leggera”, qui accompagnata dalla fisarmonica, glockenspiel e percussioni. Un classico, così come sono ormai patrimonio comune canzoni quali “Maremma”, qui cantata con delicatezza, e gli “Stornelli mugellani”.

 

Tra canti di lavoro e canti d’amore, non mancano anche altri temi classici della canzone popolare, che si ritrovano anche in altre aree geografiche italiane, quali i canti del maggio e le canzoni di galera. Tra queste ultime qui troviamo una elettrica e scarna “Storia di Rodolfo Foscati”, una toccante “Il maschio di Volterra”, dove Rovelli è accompagnato solo da violoncello e fisarmonica, e Battanl’otto”, che anticipa anche un altro tema, quello dell’impegno politico, del desiderio di riscatto e di rivoluzione, centrale nei tre canti dedicati all’anarchia con cui si chiude il disco: una versione per sola voce di “Entra la corte”, e due e veri e propri inni dell’anarchia, “Sante Caserio”, che Rovelli riporta all’oggi dandone una versione rock elettrica, e gli “Stornelli d’esilio.

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