Marco Rovelli

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20/01/2021

Recensione a La parte del fuoco di Elisabetta Favale su Linkiesta

 https://www.linkiesta.it/blog/2021/01/la-parte-del-fuoco-di-marco-rovelli/

 

La parte del fuoco è una storia che affronta temi complessi anche se quello principale è la solitudine vissuta in maniera diversa, seppure con la stessa intensità, dai due protagonisti: il tunisino Karim e l’italianissima Elsa.

Vi parlo di Karim perché l’ho sentito vicino.

La solitudine di questo ragazzo è quella di un migrante che arriva nel nostro paese con le sue abitudini, la sua religione, la sua cultura, come succede ogni volta che un migrante arriva è una sorta di “irruzione” nel nostro sistema sociale che fatica ancora oggi ad accogliere senza resistenze ciò che non gli appartiene.

Cosa succede ad una persona che incontra un “muro” di incomunicabilità? Si sente in gabbia, ricordiamoci che vivere un po’ meglio, raggiungere anche un minimo di sicurezza economica non significa essere sereni e felici perché di fatto si è circondati da persone che prudentemente si affrettano a chiudere le porte delle loro case per lasciare fuori tutto ciò che rappresenta il diverso che spesso è scambiato per pericolo..

Faccio un paragone poco opportuno ma mi serve a rendere l’idea.

Io vivo in una città e in una regione non mia. Qui tutti sono gentili ma io dopo due anni non ho amici, l’inclusione non è contemplata neppure per gli italiani “foresti”. La città è bella, vivibile e la mia vita invidiabile ma … allora cosa prova chi non è neppure italiano? Rovelli lo racconta egregiamente.

Karim vuole rimanere qui in Italia a tutti i costi, è disposto a farsi del male, a compiere atti autolesionistici se questo serve a metterlo in salvo, a renderlo libero, libero anche di vivere in quella solitudine nera.

Cosa significa finire in un campo di detenzione per migranti clandestini? Non ho faticato a entrare nella psicologia del personaggio di Rovelli, mi è bastato pensare alle immagini che vediamo al TG sul campo in Croazia, basta guardare il “ Border violence monitoring “ per comprendere l’orrore.

Entri nella casupola con le camerate: sono celle vere e proprie, in ognuna di esse conti sei letti. Hai preso posto accanto a un cinese e a un connazionale.[…] Respiri un’atmosfera di niente. E te ne senti sporcato. Così decidi di andare a farti una doccia, ne hai bisogno. Farsi largo nel fango dei cessi è cosa ardua, ma l’acqua lava via ogni schifo. Stai sotto l’acqua e cerchi solo di sentire la leggerezza del suo peso sulla testa, un canale che si forma nel bel mezzo del cranio e ti trapassa, per scavare ogni residuo di male, di disperazione, e la disperazione è cattiva, non ti può appartenere, e allora chiami l’acqua a spazzarne via le scorie che tentano di appiccicartisi addosso.”

La prosa di Rovelli non lascia scampo, ogni parola è uno spintone, inciampi e cadi malamente nei sentimenti che ti sta mostrando, è doloroso. Mi ha commosso.

Il mondo di Elsa, paradossalmente, mi è meno vicino. La sua solitudine è diversa e spaventosa.

Ti ci specchi, in una lama di coltello, o anche in una più umile lametta.”

Così scrive per sfogarsi, per riuscire a sfuggire a se stessa.

Il suo corpo è senza radice, Si muove tra disseccamento e macerazione. È come se la sua carne fosse sempre sul punto di allargare i pori fino a dilatarsi a dismisura e dissolversi in brandelli senza nome, e per evitare questo il corpo fosse sempre serrato a pugno. Una carne dura, ostile – per troppo amore, o troppo poco.”

Karim ed Elsa riescono a sentirsi meno disperati, l’uno nell’infelicità dell’altra, la psicologia dei due è scandagliata e raccontata con toni così ricchi di emozione e sentimento che la lettura diventa via via più dolorosa e bella.

La parte del fuoco è una storia di umanità, una storia di speranza perché comunque Rovelli ci lascia sperare in una seconda opportunità. Quando incontriamo qualcuno sono convinta ci sia un motivo, l’unico modo per non perdere nessuna opportunità, per non privarsi del calore di un sentimento e della speranza che si può portare dietro è aprirsi senza pregiudizi perché la salvezza arriva da dove meno te la aspetti.

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