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29/06/2021 Recensione a Siamo noi a far ricca la terra di Mario Bonanno su Sololibri.net
https://www.sololibri.net/Siamo-noi-a-far-ricca-la-terra-Rovelli.html
Un altro libro su Claudio Lolli non è come l’ennesimo libro su De Andrè o Guccini. A parte la discrepanza numerica (coi saggi usciti su De Andrè e Guccini ci riempi come minimo uno scaffale della libreria) non può esserlo per accezione, in quanto Lolli stava al consenso di massa come il giorno alla notte. Gli si addiceva piuttosto l’inapparenza, l’inapparenza era per lui quasi una predisposizione d’animo. Nel senso che Claudio Lolli è diventato riferimento generazionale suo malgrado, lui ce l’ha messa tutta per decostruire il suo stesso mito. Altrimenti perché dopo l’impeccabile elegia degli … Zingari felici avrebbe pubblicato il respingente Disoccupate le strade dai sogni? Come se non bastasse per Ultima Spiaggia, volenterosa etichetta alternativa ma che non era certo la EMI, da cui proveniva. L’ho fatto per non compromettermi troppo con una major americana, mi ha detto una volta, e io ancora ci credo. In quanto Claudio Lolli era fatto così. Comunista non pedissequo, cantautore non pedissequo, persino professore non pedissequo (ma molto apprezzato), poco tagliato per cose pratiche e alquanto vili come il guadagno. Claudio Lolli è stato insomma uno degli autori meno capiti e nonostante ciò più rappresentativi della leva cantautorale anni Settanta (la sola leva cantautorale che, peraltro, è lecito autorizzare). Capace come pochi di commisurare ontologie a sconfitte e chimere politiche, Lolli è stato l’aedo malinconico ma pro-attivo in grado di cantare-raccontare il tempo formidabile degli anni Settanta. Negli slanci come nelle cadute. Malgrado le prossimità leopardiane e il pessimismo apparente, Lolli sapeva ridere di sé e degli altri, con l’ironia che è propria delle persone amare ma estremamente intelligenti. Questa è uno degli aspetti importanti che viene fuori dal libro di Marco Rovelli Siamo noi a far ricca la terra (minimum fax, 2021). Romanzo di Claudio Lolli e dei suoi mondi - come si legge nel sottotitolo - e quindi, quasi di rimando, romanzo-saggio sbieco, coinvolto, elegiaco, minimale, corale, autobiografico, privato/politico, privato/ musicale, come sin qui non ne avete letti su Claudio Lolli. Per il tanto che mi è dato di conoscerlo (non millanto amicizie cantautorali, ci scrivevamo e sentivamo il giusto), credo ne avrebbe apprezzato l’originalità di taglio e di intenti. Se è vero che in questo romanzo anche le cose (la chitarra della Upim, il diario, la fotografia sportiva, la finestra sbagliata, La giacca…) raccontano e sanno - di Claudio - il fatto loro. Lo stesso vale per le compagne e i compagni di vita. I compagni reali e i compagni immaginari, finiti nelle canzoni aldilà delle quali nessuno sa bene che fine abbiano fatto: Keaton, Michel, l’indimenticabile Anna di Francia
Siamo noi a far ricca la terra è un romanzo che Claudio Lolli per primo avrebbe apprezzato, a prescindere dal protagonista di cui racconta (oltre a non avere il senso del possesso, Lolli era una persona intelligentemente immune dal protagonismo). Lo avrebbe apprezzato in quanto romanzo sui generis. In quanto minuzioso senza darlo a vedere. In quanto, soprattutto, ben scritto. Potrebbe piacere, bene inteso, a un numero ulteriore di lettori, persino ai lettori digiuni di interessi musicali. Una biografia artistica dalla prosa multiforme: che si legge e si apprezza come un articolato racconto a più voci.
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