Marco Rovelli

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11/07/2021

Recensione a Siamo noi a far ricca la terra di Pierangelo Pettenati su La Gazzetta di Parma

È davvero e solo il successo l’ambizione di un cantante (o un artista in generale)? È fare della propria passione, o detto in altri termini lavorare facendo ciò che più piace?

Oppure scrivere e cantare canzoni significa soprattutto esprimere in modo che anche altri possano capire e apprezzare ciò che si ha dentro, che si vuole dire, che si ha la necessità di dire. Tutto il resto è una conseguenza.

Claudio Lolli ha sempre scritto per raccontare sé stesso, le persone che lo circondavano e il mondo che aveva attorno a sé. Claudio Lolli non ha mai avuto gli stadi, i grandi tour, i fan in delirio; non gli appartenevano e probabilmente non avrebbe potuto gestirli. Lui aveva solo tante persone che nelle sue canzoni si riconoscevano oppure trovavano le risposte, le soluzioni hai tanti dubbi dell'esistenza. A volte, anche una consolazione, l'idea di trovare un amico che la pensasse allo stesso modo o condividesse idee e sentimenti.

Su Claudio Lolli è da poco uscito <<Siamo noi a far ricca la terra – Il romanzo di Claudio Lolli e dei suoi mondi>> di Marco Rovelli (Ed. Minimum Fax): non una semplice biografia ma, come giustamente dice il titolo, la storia di una vita che si legge come un romanzo epistolare. In questo libro, Rovelli fa parlare i suoi amici, i suoi musicisti, le persone che hanno lavorato e vissuto con lui, le sue compagne e con loro dà voce anche alle sue canzoni, ai suoi dischi, alle sue fotografie che parlano come se fossero personaggi reali.

Attraverso i loro occhi e i loro pensieri, Rovelli descrive tutte i lati della personalità e la carriera artistica di Lolli con un gusto per la bella scrittura difficile da trovare nelle biografie classiche. In questo, Rovelli raggiunge perfettamente l'obiettivo iniziale: <<Fin da subito l'idea non era quello di fare una biografia classica, ma di fare un vero e proprio romanzo, se un romanzo si qualifica come tale in relazione all'intento narrativo e alla composizione letteraria. Ho raccolto testimonianze, letto e ascoltato tutto quello che era possibile, e, come sempre, dal materiale raccolto è emersa la forma finale, una forma corale, fatta di voci che parlassero una lingua musicale, voci che avessero un ritmo. Una rappresentazione corale che avevo usato in parte in un romanzo precedente, e che in parte è stata ispirata da Rosso Floyd di Michele Mari>>. Lolli non è mai stato un personaggio da copertina, ma non si poteva lasciare andare senza un ricordo: <<La storia di Claudio doveva essere raccontata. Sia per la qualità poetica, sia perché la sua storia racchiudeva quella di un intero mondo, e di un'intera generazione. E le due cose sono intrecciate, perché la sua poetica si nutriva dei mondi che attraversava, e che da lui erano restituiti in una potentissima trasfigurazione lirica>>. Grazie a Rovelli, che di Lolli era anche amico, cade anche lo stereotipo del cantante angosciato e solitario: <<Basta ascoltare il suo capolavoro più noto, “Ho visto anche degli zingari felici, per capire come in quel disco non ci fosse traccia alcuna di angoscia e disperazione. Come non c'è in moltissime altre cose sue. C'è, al contrario, una grande voglia e ansia di vita, di gioia collettiva>>.

Oltre che per approfondire la conoscenza di uno dei più importanti cantautori italiani, racconta anche un passaggio epocale della società, italiana e non solo, e mantiene il ricordo di un artista che non ha trovato molti eredi. Il che, forse, conclude Rovelli,, forse non è un male: <<Ho difficoltà a capire quanto un'eredità artistica sia tale. In generale, penso che sia meglio non lasciare eredi artistici, ché poi ti tradiscono>>.

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