Non si può, forse: non si deve, riassumere il bel libro di Marco Rovelli, 40enne scrittore, musicista, insegnante nelle scuole pubbliche, che sotto il titolo perentorio ed eloquente di 'Servi' (Feltrinelli pp. 222, euro 15) racconta, con uno stile immediato, fraterno e mai lamentoso, tutto modellato sui soggetti di cui parla, storie di clandestini che lavorano in varie regioni d'Italia, accomunati da un destino di sfruttamento spesso inimmaginabile.
Sono in prevalenza africani, per lo più impiegati in lavori agricoli stagionali nel Sud; ma molti anche europei comunitari, come i polacchi: forse anche in quanto comunitari molti di questi ultimi si sono ribellati chiedendocondizioni di lavoro migliori, con il risultato che alcuni, quanti non si sa bene, sono scomparsi senza lasciar tracciaprobabilmente ammazzati e fatti sparire dai caporali che li sfruttavano.
Del resto su questo tema 'L'espresso' ha fatto inchieste memorabili. Sembrerebbero vicende di ordinaria amministrazione nella nostra Italia razzista, bigotta, ladrona; e dunque perché ancora una volta raccontarle? Ma il libro non è diquelli che possono essere sostituiti da statistiche, o articoli giornalistici, né è solo un documento. Proprio in quanto esercizio altamente letterario, riesce a farci vedere con una straordinaria intensità che il mondo dei clandestini è un universo di persone e di storie che nessun centro di identificazione ed espulsione può tacitare.
Insomma, un racconto vero e bello sul nostro Paese, oggi.