Nel quadro della «grande trasformazione» neoliberista che si è concretizzata negli ultimi decenni su scala globale, i flussi migratori provenienti dai diversi sud del mondo verso i paesi occidentali hanno contribuito a ridefinire il concetto di cittadinanza e a riconfigurare le soggettività individuali e collettive, oltre che a offrire un cospicuo bacino di manodopera facilmente ricattabile ad un tessuto produttivo che (con buona pace delle teorie sul «lavoro immateriale» e sulla «economia della conoscenza») ricorre allo sfruttamento di forza lavoro asservita e disponibile a mansioni e salari miserevoli.
Donne e uomini venuti da altrove, in fuga dalla povertà, dalle guerre e dalle persecuzioni, sono diventati nello spazio pubblico e nel senso comune (grazie allo spregiudicato operare dei mezzi di comunicazione di massa) oggetti di un dibattito in cui predominano parole d'ordine e pratiche di controllo sociale dai toni minacciosi, che nel nostro paese assumono la forma delle deportazioni collettive e delle ronde (più o meno spontanee, più o meno legali) di camicie verdi o nere.
In Razzismo democratico, opera collettiva curata da Salvatore Palidda, gli autori dei diversi saggi raccolti (tutti provenienti dal mondo accademico italiano e internazionale) si propongono di analizzare criticamente la «via europea alla tolleranza zero», individuando differenze e analogie tra i diversi paesi del continente in rapporto alla criminalizzazione ed al trattamento securitario di migranti, profughi, richiedenti asilo e «zingari». Emerge dalle pagine dell'opera una disamina approfondita dei meccanismi di costruzione delle statistiche sulla criminalità e una lettura acuta delle teorie e dei dispositivi di controllo a cui sono soggetti determinati segmenti della popolazione e che rievocano le retoriche e le tecniche adottate in passato nei confronti delle «classi pericolose» e dei popoli extraeuropei.
L'opera offre al lettore una serie di strumenti analitici adeguati alla comprensione e critica di un presente oltremodo preoccupante, nel quale all'Italia sembra spettare, come scrive il curatore, il ruolo di «avanguardia di un'aggressione all'umanità che purtroppo si diffonde in tutta l'Europa e in tutti i continenti».
Restando sempre in tema, e con lo sguardo rivolto alla rivolta di Rosarno, ed alla successiva «caccia al nero» la lettura di Servi di Marco Rovelli, può risultare utile non solo per la conoscenza delle peculiarità proprie dei «mondi migranti», ma anche per scoprire il volto più nascosto e ributtante del nostro Paese.
In questo «reportage narrativo», l'autore ci accompagna tra le strade sterrate delle zone agricole del nostro Mezzogiorno e tra i cantieri edili e le cucine dei ristoranti delle città settentrionali, dove migliaia di africani, asiatici ed esteuropei affrontano una realtà fatta di orari lavorativi intollerabili, salari esigui e umiliazioni mortificanti.
Una realtà diversa da quella immaginata al momento della decisione di partire per l'Italia e nella quale la condizione di irregolarità (esasperata dal crescente proibizionismo in tema di flussi migratori) rende gli individui alla mercé del mercato delle braccia che prospera da un capo all'altro del Paese e che ha fatto la fortuna di padroni, padroncini e caporali.
Consapevole che «raccontare serve proprio a questo: a cambiare le cose. O almeno a provarci», Rovelli descrive queste «vite di scarto» con una scrittura capace di restituire la fatica, la volontà di riscatto e la rabbia dei protagonisti della sua opera, oltre che l'immagine di un'Italia dominata da xenofobia, mafie, prevaricazione ed egoismo proprietario ed in cui a fare le spese del connubio tra economie legali, irregolari e criminali è, come scrive John Steinbeck in Furore, una massa estesa di esseri umani «in cerca di pane e lavoro» in cui «serpeggia il furore, e fermenta».
note:
IRAZZISMO DEMOCRATICO Salvatore Palidda (a cura di) AgenziaX, 2009, 16 euro ISERVI Marco Rovelli Feltrinelli, 2009, 15 euro